Le immagini sono silenziose, proprio perchè qui il silenzio è inconcepibile. Non vi è silenzio al fronte, e il dominio del fronte giunge così lontano che non ci avviene mai di uscirne. Anche nei depositi arretrati e nei quartieri di riposo il ronzio, sordo brontolio del fuoco lontano persistono nelle nostre orecchie. Non ci si porta mai così indietro che si arrivi a non sentirlo più- In questi giorni poi è insopportabile.
E il silenzio fa sì che le immagini del passato non suscitino desideri ma tristezza, una enorme sconsolata malinconia. Quelle cose care furono, ma non torneranno mai più. Sono passate, sono un mondo divers, perduto per sempre. Finchè eravamo in caserma destavano in noi una selvaggia e ribelle bramosia, perchè erano ancora congiunte a noi, ci appartenevano e noi appartenevamo ad esse, quantunque ne fossimo separati.
Ma qui in trincea quel mondo si è perduto. Il ricordo non sorge più; noi siamo morti, ed esso ci appare lontano all'orizzonte come un fantasma, come un enigmatico riflesso, che ci tormenta e che temiamo e che amiamo senza speranza. Forte senza dubbio, come la nostra bramosia ma irrealizzabile, e noi lo sappiamo. Un'aspirazione vana, come sarebbe quella di diventar generale.
E se anche ce lo restituissero, questo paesaggio della nostra gioventù, non sapremmo più bene che farne. Le delicate e misteriose energie, che da esso si trasfondevano in noi, non possono rinascere. Noi vi potremmo bensì vivere, circolare, ricordarci in esso, ed amarlo e commuoverci alla sua vista; ma sarebbe la stessa cosa di quando guardiamo la fotografia d'un compagno morto: sono i suoi tratti, è il suo volto, e i giorni che abbiamo passati insieme riacquistano nella memoria una vita fittizia: ma non è lui.
Non saremo mai più legati al nostro dolce paese, come fummo un tempo. Non era già la conoscenza della sua bellezza nè del suo carattere quella che ci attirava, ma senso di comunanza, questa fraternità nostra con le cose e con gli eventi della nostra vita, e ci separava dal resto e ci rendeva un poco incmprensibile anche il mondo dei nostri genitori: perché, non so come, eravamo sempre e teneramente abbandonati, perduti in quell'amore, e la più piccola cosa ci conduceva sempre sul sentiero dell'infinito. Era, forse, il privilegio della nostra giovinezza? Noi non vedevamo limiti, il mondo intorno a noi non aveva fine, e nel sangue palpitava l'attesa che ci faceva una cosa solo con lo scorrere dei nostri giorni.
Oggi nella patria della nostra giovinezza noi si camminerebbe come viaggiatori di passaggio: gli eventi ci hanno consumati; siamo divenuti accorti come mercanti, brutali come macellai. Non siamo più spensierati ma atrocemente indifferenti. Sapremmo forse vivere, nella dolce terra: ma quale vita? Abbandonati come fanciulli, disillusi come vecchi, siamo rozzi, tristi, superficiali. Io penso che siamo perduti."
[Remaque, Niente di nuvo sul fronte occidentale]

Uff..che fatica, che lungo! Ma n'è valsa la pena ch'è proprio bello. Se vi capita, e non l'avete ancora fatto, leggetevi il libro.
ciao
Essere perduti è meglio non essere tout court... si può perdere solo qualcosa che si aveva, e ciò che si sia perso lascia spazio ad altro. We lean forward to the next crazy venture beneath the skies (J. Kerouac).
RispondiEliminaDove sono io? Questo è necessario capire.
RispondiEliminaAttenzione a non cadere nel tranello teso all'uomo dall'uomo in quanto uomo! Niente ha un fine in natura però ci si accontenta lo stesso, si cerca semplicemente nelle cause finali la ragione. Ma la Ragione non sta, non solo, non in Origine, in quelle.
Ieri, oggi, domani - tutto questo non ha senso nella pancia della Eterna Natura.
Quello che si può fare, noi uomini finiti, è trovre una sorta di emancipazione senza cadere nei tranelli che, non Natura, ma noi stessi, ci siamo creati.
Insomma. E' bello naufragare, è necessario l'esistere nel futuro (e nel passato e nel presente soprattutto!) ma per fare ciò con coerenza illuminata è necessario esplorare quella dimensione costante e permanente che Esiste, non al di là, ma attraverso l'Universo.
noote