venerdì 7 maggio 2010

Aspetti stilistici delle Operette morali sulla falsariga delle Lezioni americane di I. Calvino: relazione di G. Mancinelli

LEOPARDI E LE LEZIONI AMERICANE

Leggendo le "Lezioni americane" di Italo Calvino contemporaneamente alle "Operette morali" di Giacomo Leopardi ho avuto l'impressione che il poeta marchigiano avesse scritto la sua opera seguendo i consigli dati da Calvino nelle sue lezioni.
Ovviamente ciò è impossibile, ma è invece chiaro come Calvino abbia scritto le Lezioni tenendo presente lo stile di Leopardi. Infatti nelle Lezioni ci sono moltissimi richiami da parte di Calvino sia allo Zibaldone sia ad altri scritti del poeta marchigiano; questa breve relazione cercherà di evidenziare i punti in cui "Leggerezza", "Rapidità" e gli altri aspetti dello stile consigliatii da Calvino ai futuri scrittori emergano con maggiore rilevanza proprio all'interno delle Operette
Prima di fare ciò riassumiamo brevemente le "Lezioni americane".


GENESI DELL'OPERA

Il 6 giugno 1984 Calvino fu invitato dall' Università di Harvard a tenere un ciclo di sei conferenze che
tradizionalmente hanno luogo nel corso dell' anno accademico: le Charles Eliot Norton Poetry Lectures.
Calvino ne scrisse cinque sui temi della "Leggerezza",della"Rapidità", dell' "Esattezza", della
"Visibilità" e della "Molteplicità" (la sesta avrebbe dovuto scriverla in America).
Stava accingendosi a partire quando un ictus lo stroncò .
Le conferenze riassumono,sul piano teorico,tutte le preoccupazioni e gli interessi di Calvino scrittore,
saggista ,intellettuale impegnato.
Sono ricche di richiami eruditi e mostrano tutto il percorso formativo (studi, letture ecc) dello scrittore genovese.
Analizziamo uno per uno i temi presentati da Calvino evidenziando come questi si ritrovino nelle "Operette morali".

"Leggerezza"

Calvino dedica la prima delle lezioni americane all'opposizione leggerezza-peso, dichiarando di sostenere le ragioni della leggerezza, in quanto sulla leggerezza pensa di avere "più cose da dire". Il suo lavoro di scrittore è stato infatti una sottrazione di peso; egli ha cercato di togliere peso soprattutto alle strutture del racconto e del linguaggio. Per Calvino quindi la leggerezza è un valore che egli riconosce in opere del passato, vede attuale nel presente e proietta nel futuro.
Egli afferma che all'inizio della sua attività di scrittore "l'imperativo categorico" era quello di rappresentare la propria società. Non appena il giovane scrittore provò a seguire questa regola si accorse che esisteva un forte divario tra i fatti del mondo e la sua volontà di proporre uno stile agile e tagliente. Per superare questo scoglio Calvino si paragona a Perseo: "L’unico eroe capace di tagliare la testa della Medusa è Perseo, che vola coi sandali alati, Perseo che non rivolge il suo sguardo sul volto della Gorgone ma solo sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. Ecco che Perseo mi viene in soccorso anche in questo momento, mentre mi sentivo già catturare dalla morsa di pietra, come mi succede ogni volta che tento una rievocazione storico-autobiografica. Meglio lasciare che il mio discorso si componga con le immagini della mitologia. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un’immagine catturata da uno specchio. Subito sento la tentazione di trovare in questo mito un’allegoria del rapporto del poeta col mondo, una lezione del metodo da seguire scrivendo."
Leopardi nelle sue Operette tratta temi che sono quelli a lui più cari: il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la natura di cui Leopardi matura una personale visione filosofica; il confronto tra i valori del passato e la situazione statica e degenerata del presente; la potenza delle illusioni, la gloria e la noia. La "Leggerezza" nel trattare questi temi appare quasi un obbligo se si vuole rendere piacevole la lettura ad un pubblico il più ampio possibile, dobbiamo ammettere che il poeta è riuscito nel suo intento dato che, ad esempio, nel "dialogo fra Torquato Tasso e il suo genio familiare" Torquato ha nostalgia di Eleonora ed il Genio gli promette che gliela farà incontrare nel sogno, dopo avergli anche detto che le donne non bisogna idealizzarle troppo, perché non sono angeli ma umani, e che fra le cose reali e le cose sognate non c'è alcuna differenza, essendo anzi quelle sognate di gran lunga più dolci e più belle di quanto possano mai essere quelle reali. I tre argomenti affrontati sono dunque quelli riguardanti la consistenza del vero, la natura del piacere e la noia. Dopo la conversazione dei due personaggi il lettore si aspetta un finale contenente qualche teoria riguardo gli argomenti trattati, invece Leopardi termina il dialogo non con nichilismo, ma con leggerezza.
Tasso. Addio. Ma senti. La tua conversazione mi riconforta pure assai. Non che ella interrompa la mia tristezza: ma questa per la più parte del tempo è come una notte oscurissima, senza luna né stelle; mentre son teco, somiglia al bruno dei crepuscoli, piuttosto grato che molesto. Acciò da ora innanzi io ti possa chiamare o trovare quando mi bisogni, dimmi dove sei solito di abitare.
Genio. Ancora non l'hai conosciuto? In qualche liquore generoso.


"Rapidità"
Per quanto riguarda il secondo tema affrontato da Calvino, ovvero la rapidità, il suo richiamo a Leopardi è esplicito, lo scrittore genovese lo cita quando nello Zibaldone sviluppa le sue riflessioni sulla velocità ed arriva a parlare dello stile: "La rapidità e la concisione dello stile piace perché presenta all’anima una folla d’idee simultanee così rapidamente succedentesi, che paiono simultanee, e fanno ondeggiare l’anima in una tale abbondanza di pensieri, o d’immagini e sensazioni spirituali, ch’ella o non è capace di abbracciarle tutte, e pienamente ciascuna, o non ha tempo di restare in ozio, e priva di sensazioni. La forza dello stile poetico, che in gran parte e tutt’uno colla rapidità, non è piacevole per altro che per questi effetti, e non consiste in altro. L’eccitamento d’idee simultanee, può derivare e da ciascuna parola isolata, o propria o metaforica, e dalla loro collocazione, e dal giro della frase, e dalla soppressione stessa di altre parole o frasi (3 novembre 1821)." Ovviamente queste riflessioni si esemplificano nello stile complessivo di tutte le Operette, ma in una in particolare il tema del tempo e della rapidità, secondo me, trova uno spazio del tutto particolare. Mi riferisco al dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie: quest'operetta affronta il tema della morte. Federico Ruysch è uno scienziato che custodisce delle mummie all'interno del suo laboratorio. Una notte nell'entrarvi sente le mummie che intonano un inno alla morte. Apprende che è scoccato l'anno matematico che consente ai morti per breve tempo di parlare e di rispondere alle domande dei vivi. In quest' operetta notiamo come Leopardi affronti il tema della morte, attraverso i personaggi del dialogo, in un arco di tempo molto limitato (le mummie possono rispondere alle domande per un solo quarto d'ora) nonostante ciò egli riesce a fornire la propria tesi Ruysch infatti chiede ai morti quali furono le sensazioni, i pensieri che provarono al momento del trapasso. Viene così a conoscere che chi sta per morire non prova paura né dolore, ma addirittura sollievo e una sorta di languido piacere:
Ruysch. Dunque che cosa è la morte, se non è dolore?Morto. Piuttosto piacere che altro. Sappi che il morire, come l'addormentarsi, non si fa in un solo istante, ma per gradi. Vero è che questi gradi sono più o meno, e maggiori o minori, secondo la varietà delle cause e dei generi della morte. Nell'ultimo di tali istanti la morte non reca né dolore né piacere alcuno, come né anche il sonno. Negli altri precedenti non può generare dolore perché il dolore è cosa viva, e i sensi dell'uomo in quel tempo, cioè cominciata che è la morte, sono moribondi, che è quanto dire estremamente attenuati di forze. Può bene esser causa di piacere: perché il piacere non sempre è cosa viva; anzi forse la maggior parte dei diletti umani consistono in qualche sorta di languidezza. Di modo che i sensi dell'uomo sono capaci di piacere anche presso all'estinguersi; atteso che spessissime volte la stessa languidezza e piacere; massime quando vi libera da patimento; poiché ben sai che la cessazione di qualunque dolore o disagio, e piacere per se medesima. Sicché il languore della morte debbe esser più grato secondo che libera l'uomo da maggior patimento. Per me, se bene nell'ora della morte non posi molta attenzione a quel che io sentiva, perché mi era proibito dai medici di affaticare il cervello; mi ricordo però che il senso che provai, non fu molto dissimile dal diletto che è cagionato agli uomini dal languore del sonno, nel tempo che si vengono addormentando.
Gli altri morti. Anche a noi pare di ricordarci altrettanto.


Dunque Leopardi tratta il tema della morte con estrema rapidità, ricordiamo che le mummie restano sveglie per un solo quarto d'ora, e scrive quest'operetta di modo che il lettore impieghi esattamente un quarto d'ora per leggerla tutta. Oltre che un esempio di rapidità il dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie può essere un esempio anche del prossimo tema di cui si tratterà, l'esattezza.


"Esattezza"
Riguardo questo punto citiamo direttamente Calvino il quale ci elenca tre punti fondamentali per definire "L'esattezza":
“… Esattezza vuol dire per me soprattutto tre cose: 1) un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato; 2) l’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili; […] 3) un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione”.
Leggendo questi punti si potrà pensare in un primo momento che Leopardi, soprannominato anche "il poeta della vaghezza" non possa rappresentare il modello di scrittore definito da Calvino; nello Zibaldone infatti Leopardi fa l'elogio del vago: "Le parole lontano, antico, e simili sono poeticissime e piacevoli, perché destano idee vaste, e indefinite, e non determinabili e confuse" (25 settembre 1821).
In realtà Leopardi sa molto bene come determinare le idee riguardanti il vago, ce lo spiega in una nota dello Zibaldone ripresa anche da Calvino. Per gustare la bellezza dell'indeterminato e del vago è necessaria un'attenzione molto precisa alla composizione di ogni singola immagine, nella definizione dei dettagli ecc. Calvino infatti afferma che “Il poeta del vago può essere solo il poeta della
precisione”.
Detto ciò si nota come Leopardi abbia un progetto chiaro e preciso in ognuna delle sue operette, inoltre l'evocazione di immagini e di personaggi risulta perfetta, sia quando c'è l'esplicito riferimento ad un personaggio storico, come ad es. Cristoforo Colombo, sia quando i personaggi citati sono di pura fantasia, mi viene in mente il Dialogo della moda e della morte.


"Visibilità" e "Molteplicità"
Calvino motiva in questo modo la scelta di includere la "Visibilità" nel proprio saggio:


"Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini."

"Comunque, tutte le “realtà” e le “fantasie” possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale"

Ciò ci richiama alla capacità di saper leggere e analizzare ciò che accade agli uomini, nella natura ecc per poi costruirsene una rappresentazione. Nelle Operette Leopardi dimostra di aver osservato molto bene la natura e di essersi fatto un'idea riguardo al rapporto che intercorre fra lei e l'uomo nel "Dialogo della natura e di un islandese". Questo dialogo fu scritto nel 1824 ed affronta il tema nodale della natura che viene personificata e descritta come una gran donna ritta e con il volto mezzo tra il bello ed il terribile. Leopardi trova la natura sotto l’equatore ed è qui che inizia un colloquio tra i due; inizialmente l’islandese spiega il motivo per cui fugge dalla terra nativa e quindi dalla natura: ha abbandonato gli altri uomini e l’Islanda che secondo lui è un paese difficilmente abitabile. Il dialogo fra i due si conclude con la natura che spiega all'uomo la propria indifferenza verso il genere umano:
Natura. Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.
In questo dialogo, dunque, oltre ad essere chiaro il modo in cui Leopardi faccia prendere forma alle proprie fantasie, dimostra anche la capacità di "connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo." che è ciò che intende Calvino quando parla di molteplicità.
















1 commento:

  1. Segnaliamo il contributo di Alberto Asor Rosa sulle Lezioni Americane, che dà ampio spazio al rapporto tra Lezioni e Operette.

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