Ho seguito il laboratorio filosofico, inizialmente con una certa ansia. Dopo la laurea in lettere, infatti, delle Operette Morali, avevo un piacevole ricordo, ma generico. Per ciò che riguarda gli agganci filosofici poi, essendo solo al secondo esame di Filosofia, non mi sentivo competente. L' obbligo della"relazione" e le tematiche trattate al laboratorio, mi hanno fatto riprendere testi letti, studiati, sottolineati e, mi rendo conto mai scordati. Così rileggendo annotazioni fatte, dalla scuola superiore in poi, mi dico che, o non sono mai cresciuta, visto che mi ritrovo ancora con ciò che avevo evidenziato, o ero, già allora, troppo pessimista, o è l' ennesima conferma che, il Leopardi, nella sua genialità, ironia, saggezza, tristezza... , risulta sempre attuale!
Riguardando le Operette Morali, mi sono soffermata sul "Dialogo di un fisico e di un metafisico".
Con questo dialogo, ci troviamo in quello che è considerato il secondo gruppo delle Operette, dove, cioè, si parla dell'uomo dinanzi alla natura e dove si considera che la felicità è solo aspirazione. Il dialogo fu composto dal 14 al 19 maggio 1824, ma lo spunto precedente, si può trovare in una nota dello Zibaldone del 1820, nella quale Leopardi, fa cenno alla lezione dell'Hufeland (medico tedesco vissuto tra il 1762 e il 1863) sull'arte di prolungare la vita. Lo scrittore dichiara, che prima di pensare al prolungamento della vita, sarebbe stato necessario insegnare a renderla felice. Dunque il Leopardi prende le distanze dalla macrobiotica propugnata dal medico.
Il poeta, in sostanza, tanto nel dialogo di un fisico e di un metafisico, quanto nel passo dello Zibaldone, all'arte di vivere lungamente, oppone la difficile arte di vivere felicemente, ricercando un vita degna d' essere vissuta.
Il dialogo di un fisico e di un metafisico, è un dialogo in cui compaiono stereotipi di personaggi reali, non appartenenti al mondo del mito, della natura o della fantasia popolare.
Al fisico, che ha scoperto l' arte di vivere lungamente, il metafisico risponde, che essendo la vita infelice, per l' uomo sarebbe meglio averla corta piuttosto che lunga.
La forza dell'argomentazione del metafisico è racchiusa nel concetto che se la vita fosse amata per sé, non si giustificherebbe il suicidio.
Con Chirone, maestro d' Achille, si entra nel mito e il metafisico ricorda che il centauro si annoiò dell'immortalità e preferì morire, dunque invita a pensare:
"Se l'immortalità rincresce sugli Dei (pensa) che farebbe agli uomini"!
Per rendere giustizia alle sue tesi, il metafisico, dunque, ricorre alla saggezza degli antichi, espressa in forma di mito e propone personaggi che ricevono, come bene, la morte, invece della vita,
Il divario fra i due personaggi è sempre più grande nel finale, quando il metafisico dichiara di preferire solo i giorni felici, che la natura concede all' uomo (anche se pochi) mentre il fisico vorrebbe aggiungere altri giorni, anche infelici, perché ciò che conta è vivere di più.
Qui ci sono due prospettive, come sostiene M. Biscuso, incongruenti tra loro, perché qualitativa quella del metafisico e quantitativa quella del fisico.
Il dialogo si conclude con le parole del metafisico e l' ammonimento che ne scaturisce è che la vita deve essere viva, cioè vera vita, intensa, se no la morte la supera di pregio. Gli uomini , però, confondono una cosa con l' altra e così credono che chi vive a lungo sia felice, mentre la felicità è indipendente dalnumero dei giorni vissuti.
Vivo nel 2010 e talvolta si discute di certa... orrenda macrobiotica... Dal dialogo in oggetto, si evince che, la vita lunga, ha senso se proporzionata alla qualità, non ha senso quando è vantaggio scientifico e diviene deprimente realtà per chi la vive e chi ne è coinvolto.
Ancora una volta , dunque, emerge l' attualità del Leopardi, che con saggezza, sensibilità e intelligenza ha toccato tematiche intramontabili ( morte, gioia, dolore, caducità, tristezza, presunzione umana...) anticipando addirittura le odierne tematiche biologiche e bioetiche.
Con queste righe, nel ringraziare il lavoro bello ed interessante del laboratorio, che mi ha anche riavvicinata a Leopardi, ho voluto sottolineare l'attualità delle tematiche del poeta. Mi discosto da chi , però, avvalendosi dei progressi delle discipline scientifiche, vorrebbe giudicare l'uomo, con occhio troppo moderno, perdendo vista la sua genialità e la sua unicità.
Sto seguendo da un po' questo blog e vorrei dire che l'articolo meriterebbe un ulteriore sviluppo in relazione ai temi della "sacralità della vita"... chissà che ne penserebbe Leopardi! Forse che la vita in sé non è sacra, ma ne consacrano un valore gli uomini che la condividono, e solo in questo caso...
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