sabato 15 maggio 2010

S. Kerfa: seguito al Dialogo della Natura e di un'Anima

Ecco come S. Kerfa apre la sua relazione:
"Propongo un seguito al Dialogo della natura e di un'anima.
La Natura se ne è andata per mano con il destino.
L'anima è rimasta sola e una nuova voce sale sulla scena: cerca di convincerla ad esistere come lo facciamo noi.
Questa terza voce è eco di anime che hanno saputo, come Leopardi, mettere in piena, bella e terrificante luce l'indiscrezione dell'uomo.
Animale domestico, formica, pazzo, saggio, suicida, l'uomo eccellente supera il suo contorno per costruire paradigmi diversi e un unico fine: uscire di scena abbracciato ad un se."

[...]
Anima. E in cambio dell'immortalità, pregoti di accelerarmi la morte il più che si possa.
Natura. Di cotesto conferirò col destino.


Consigli dal sottosuolo.

Va', figliola mia prediletta , che tale sarai tenuta e chiamata per lungo ordine di secoli.
Vivi, e sii grande e infelice.”1


Ecco per prima cosa quel che ti dice la Natura, Anima appena nata.
Non è lei ad averti plasmato in questo modo, nessun ordine, neppure da te posto come inconoscibile, potrà darti giustificazione di come sei fatta.
Ti resta la facoltà di descriverti, povera anima!
Più che potere, sentilo tua propria potenza: non estrometterlo dalla tua individualità, tanto poco servirebbe a stare meglio.
La tua eccellenza ne uscirebbe smorzata e con essa la tua infelicità, ma a che prezzo?
Rinunceresti mai alla tua coscienza? C'è forse un' Anima che rinuncerebbe mai alla propria coscienza?
Aspetta a rispondere! So cosa mi vorresti dire.
Eppure tu sei appena nata: cosa ne sai di tante e tante anime che hanno rinunciato alla propria coscienza?
Presto rinuncerai anche tu, sono le statistiche a dirlo, sono i dati a dirlo, è il secolo in cui ti capita ora di nascere ad urlarlo ai quattro venti.
Piccola anima, ascolta:





Signori, certo, io scherzo, e so anche io che scherzo malamente, ma non si può mica prendere tutto in ischerzo. Forse, scherzo a denti stretti. Signori, mi tormentano dei problemi; risolvetemeli. Voi, per esempio, un uomo lo volete disavvezzare dalle vecchie abitudini e volete correggere la sua volontà, conformemente alle esigenze della scienza e del buon senso. Ma come fate a sapere che l'uomo non solo si può, ma si deve anche trasformarlo così? Da che cosa concludete che al volere umano cosi' indispensabilmente occorra correggersi? Insomma, come fate a sapere che una siffatta correzione arrecherà effettivamente vantaggio all'uomo? E, per dire proprio tutto, perchè siete così sicuramente convinti che non andare conto gli autentici e normali vantaggi garantiti dagli argomenti forniti dalla ragione e dall'aritmetica sia effettivamente sempre vantaggioso per l'uomo e sia una legge per tutta l'umanità? Perchè questa per intanto non è ancora che una vostra supposizione. Mettiamo che sia una legge della logica ma forse non è per niente una legge dell'umanità. Forse voi pensate, signori, che io sia pazzo? Permettetemi che io mi spieghi. D'accordo: l'uomo è un animale per eccellenza costruttivo, condannato a tendere coscientemente verso la meta e ad esercitare l'arte dell'ingegneria, cioè a tracciarsi eternamente ed incessantemente una strada, sebbene diretta dove che sia. Ma gli viene voglia, alle volte, di sgattaiolare di fianco forse appunto perchè è costretto ad aprire questa strada, e magari, ancora, perchè, per quanto stupido sia in generale l'uomo d'azione ed immediato, tuttavia gli viene in mente qualche volta che la strada risulta quasi sempre diretta dove che sia, e che la cosa principale non è dove essa vada, ma che abbia una direzione, e che il ragazzo morigerato, trascurando l'arte dell'ingegneria, non si abbandoni ad un funesto ozio, che, come è noto, è il padre di tutti i vizi. L'uomo ama costruire e tracciare delle strade, è indiscutibile. Ma perchè mai egli ama fino alla passione anche la distruzione e il caos? Ditemelo un po'! Ma su questo anche io ho voglia di dire due parole a parte.
Non può darsi che egli ami tanto la distruzione e il caos (perchè è indiscutibile che a volte li ama molto, è proprio così), in quanto lui stesso istintivamente teme di raggiungere la meta e di ultimare l'edificio in costruzione? Che ne sapete? Forse l'edificio lo ama solo da lontano, e niente affatto da vicino; forse ama unicamente costruirlo, e non viverci dentro, riservandolo poi, aux animaux domestiques, come formiche, montoni, ecc. ecc. Ecco, le formiche hanno tutt'altro gusto. Esse hanno un solo meraviglioso edificio dello stesso genere inalterabile in eterno: il formicaio.
Dal formicaio le rispettabili formiche hanno cominciato, e col formicaio sicuramente finiranno, cosa che fa molto onore alla loro costanza e al loro carattere positivo. Ma l'uomo è un essere leggero e di ingrato aspetto e, forse, come il giocatore di scacchi, non ama che il processo attraverso in quale raggiunge il fine, e non il fine stesso. E che sa (garantirlo non si può), forse anche tutto il fine a cui tende l'umanità sulla terra è racchiuso unicamente in questo solo ininterrotto processo di raggiungimento, o , per dirla altrimenti, nella vita stessa, e non propriamente nel fine, che si intende, non dev'essere se non il due per due quattro, cioè una formula; ma, del resto, il due per due quattro non è più vita, signori, bensì il principio della morte. Per lo meno l'uomo ha sempre avuto un certo timore di questo due per due quatto, io lo temo anche ora. Mettiamo pure che l'uomo non fa che cercare questo due per due quattro, valica gli oceani, sacrifica la vita in questa ricerca, ma di scoprirlo, di trovarlo effettivamente, vi giuro che ne ha come paura. Infatti egli sente che, non appena lo avrà trovato, non ci sarà più nulla da cercare. I lavoratori, finito il lavoro, per lo meno ricevono il denaro, vanno alla bettola, e poi finiscono al commissariato: beh, sono occupazioni che bastano per una settimana. Ma l'uomo dove va? Quantomeno, Ogni volta si nota in lui un che di impacciato nel momento in cui raggiunge cosiffatti fini. Il fatto di raggiungerli gli piace, ma averli raggiunti non proprio, e questo, certo, è straordinariamente ridicolo. Insomma, l'uomo è congegnato in un modo buffo; in tutto ciò, evidentemente, c'è un gioco di parole. Ma il due per due quattro è pur sempre una cosa arcinsopportabile. Il due per due quattro, secondo la mia opinione, non è che sfacciataggine. Il due per due quattro si da delle arie, vi attraversa la strada con le mani sui fianchi e sputa, sono d'accordo anche io che il due per due quattro è una cosa eccellente; ma se proprio si ha da lodar tutto, anche il due per due cinque a volte è una cosuccia graziosissima.
E perchè voi siete così fermamente, così solennemente sicuri che soltanto quello che è normale è positivo, in una parola, soltanto la prosperità sia vantaggiosa all'uomo? La ragione non si inganna nei vantaggi? Può darsi che l'uomo non ami la sola prosperità. Può darsi che ami altrettanto la sofferenza. Può darsi che proprio la sofferenza gli sia esattamente altrettanto vantaggiosa quanto la prosperità. E l'uomo a volte ama immensamente la sofferenza, fino alla passione, anche questo è un fatto. Qui poi non c'è nemmeno da consultare la storia; domandate a voi stesso se siete un uomo e poco o tanto avete vissuto. Per quanto riguarda poi la mia opinione personale, amare soltanto la prosperità è persino, in un certo modo, sconveniente. Bene o male che sia, ma anche rompere a volte qualcosa è molto piacevole. Io , del resto, qui non sono particolarmente partigiano per la sofferenza, e nemmeno della prosperità. Sono partigiano..del mio capriccio che mi sia garantito quando occorra. La sofferenza, per esempio, nei vaudevilles non è ammessa, lo so. In un palazzo di cristallo sarebbe perfino impensabile: la sofferenza è dubbio, è negazione, e che palazzo di cristallo sarebbe quello in cui si potesse dubitare? Eppure sono sicuro che l'uomo all'autentica sofferenza, cioè alla sofferenza e al caos, non rinuncerà mai. La sofferenza...ma è l'unica causa della coscienza. Io, sebbene abbia dichiarato in principio che la coscienza, secondo me, è la suprema disgrazia per l'uomo, so che l'uomo la ama e non la cambierebbe con nessuna soddisfazione. La coscienza, per esempio, è infinitamente più elevata del due per due. Dopo il due per due, s'intende, non rimane più nulla non solo da fare, ma nemmeno da conoscere. Tutto ciò che sarà possibile allora, sarà questo: tappare i propri cinque sensi ed immergersi nella contemplazione. Bè, invece con la coscienza, anche se il risultato viene ad essere lo stesso, cioè non ci sarà niente da fare lo stesso, per lo meno qualche volta ci si può fustigare, ed è pur sempre una cosa che ravviva. Anche se è da retrogradi, tuttavia è meglio di niente.”2



La Natura dice che anche tu sei un' anima eccellente, è solo che sei appena nata. Tanta parte di ciò che sei deve ancora venire, non ti sentire in dovere di essere sempre d'accordo. Arriverà il momento in cui sarai d'accordo, e tutto ti apparirà in torto. Cento e cento volte sceglierai. Non dimenticare le infinite possibilità di cui partecipi. Se Natura ha ragione, e tu sei di quelle anime eccellenti, ti sentirai spesso in difetto rispetto a coloro più pronti a risolversi, e nell'operare i più efficaci.
Di contro, otterrai il merito di lasciare memoria della tua vita. Sarà una memoria destinata a nessun' altro se non ad altri uomini, probabilmente uomini di lena nettamente inferiore alla tua: una memoria tutta umana.
Beata? No! la beatitudine abita il palazzo di cristallo del due per due quattro! Sei sicura che questa sia la tua destinazione?
La coscienza non ti potrà più abbandonare: nella mancanza riemergerà.
Puoi dirti sicura di voler morire il prima possibile. Il prima possibile ti pentirai di essere stata cosi' ottusa.
Ancora non vedi quanto lavoro minuzioso sprecherai per smussarti tutta, riconoscerti bella, forma , nitida e dai contorni definiti: sei alienata nel tuo lavoro tutto imposto.
Presto, ti rimboccherai le maniche per liberarti di tutti i tuoi contorni. Ti rimarrà nelle mani la sublime sofferenza.
Quando sarai sola, tutta quanta tua propria, ti si aprirà la tua vera bellezza. Per ora non sei molto: ti nutri delle parole di altri, anche se le parole degli altri sono tanto autorevoli, non sono tue:
Chi ti informa sul valore della beatitudine? Un grado linguistico, e poi? Alla pari di tutte le altre anime eccellenti, capirai quanto è insidioso l'alfabeto!


Una pagina bianca per separare il testo del libro appena finito da tutti i bragborismi del Bardo che apparivano dai limbi dell'elettrochoc.
E in questi limbi una tipografia speciale, che è fatta per infamare dio, fare rientrare le parole verbali alle quali si è voluto attribuire un valore speciale.”


Sofferenza sublime o felicità a buon mercato?
Preferisci la morte. Natura ha ragione: sei un' anima eccellente!
Poche parole e ti sei resa conto di quanto la felicità a buon mercato non esista.
La morte, lei esiste.
Ricorda: non potrebbe essere che preferendo la morte, tu non assecondi la paura umana di raggiungere la meta?
Infondo che la Natura convenga o meno col destino sul momento in cui succederà, la Morte arriverà a prenderti.



Un uomo libero a niente pensa meno che alla morte; e la sua sapienza è meditazione, non già della morte, bensì della vita”3



Ma le mete meno sicure, nessuno te le pone ad esempio tutti i giorni. Per un' anima come la tua la meta è capire e liberare te stessa.



Se gli uomini nascessero liberi, e fino a tanto che liberi rimanessero, non si formerebbero alcun concetto del bene e del male”4



Se.
1G. Leopardi, Operette morali,1982, Garzanti, p. 81
2F. Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, 2002,Einaudi, p. 33-34-35.36
3B.Spinoza, Etica, 2009, Laterza, p. 247
4B.Spinoza, Etica, 2009, Laterza, p. 247

9 commenti:

  1. Solo per evidenziare come, tra l'altro, S. Kerfa citi Antonin Artaud.

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  2. Già, infatti mi ero impegnata a scrivere una nota con testo originale. Si deve essere persa in qualche spazio telematico a noi sconosciuto.
    Chiedo scusa,
    Safia

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  3. questo dannato "se..." fonte di tutto il dolore prima che di qualsiasi gioia...

    bisogna essere crudeli con questo "se" se si vuole davvero uccidere quel re nascosto che si cela, dominante, in ogni emozione!

    un teatro della crudeltà, quindi, la strada verso la vita cosapevole.

    la saggezza sta dunque nel sapere quando fermarsi, e per quanto...

    ma questa saggezza è allora anche una sapienza, e, in quanto tale, risiede nell' "animo".

    :)

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  4. No, non è fonte di niente.
    No, non bisogna essere crudeli, non è lui padre di quel "re".
    Si, teatro della crudeltà ma questo non è strada verso la vita consapevole: coincide con essa.
    No, la saggezza non è sapere quando fermarsi e per quanto, ma sperimentare se è possibile fermarsi e perchè dovrebbe essere necessario farlo.
    Per il resto, non capisco perchè sottolineare che la sapienza risieda nell'animo. Non credo sia oltretutto la sua sede, ma non posso dire molto di più: non mi sconfinfera il senso che ho imparato a dare a saggezza. Ci penso.

    safia

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  5. padre no, ma strumento...

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  6. coraggio allora, la vita è cosa opaca.
    si faccia portatrice del suo "se" signorina kerfa, e riscatti quello che c'è da riscattare, quello che è destino che lei riscatti. la vita è immensa, al di là del bene e del male. :)

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  7. grazie.

    Vorrei consigliare a tutti di leggere il mito di sisifo di camus, lo ho appena finito e sono sicura sia un'opera molto importante per noi.
    safia

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  8. IO CONSIGLIO ANCHE E INVECE, direi tutta l'opera, necessario gradino per la formazione intellettuale, ma è quasi immensa e allora, LIBRO X della REPUBBLICA di PLATONE (non ricordo però il suo nome, forse non l'ho mai saputo -ma ce l'ha mai avuto un nome, Platone?)

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