lunedì 19 aprile 2010

Abstract e relazione di V. Morosi: Leopardi e Sade

Giacomo Leopardi e Donathien Alphonse-Francois De Sade posseggono in comune basi di pensiero materialistiche e sensiste, dovute al rifarsi ad autori settecenteschi di estrazione illuminista. Hanno in conseguenza di questo una certa comunanza nelle basi di analisi teorica da cui proseguire nella osservazione del mondo e della condizione dell'uomo. Tuttavia Sade si fa ben presto tentare da fini apologetici e dogmatici, indotti con grande probabilità anche dalla condizione di insofferenza esistenziale dovuta alla sua triste sorte, operando una totale rivoluzione della morale in chiave teofobica, e dipingendo una natura crudele e un uomo antisociale ed egoista.
Leopardi, invece, attua una analisi ferma e lucida della esistenza umana, sebbene nemmeno qui questa sia considerata idilliaca o piacevole. La condizione di raggiungimento del piacere sarà negata all'uomo, e con essa anche la possibilità di ottenere la felicità su questa terra. Il Recanatese è tuttavia lontano anche dal richiamarsi a morali ultraterrene, e tenterà di evidenziare una fuga dal dolore e dalla noia della vita mediante soluzione “passive”, quali il languore del sonno, la fantasia e il sogno.
Sade propende per una apologia ad oltranza del piacere fisico e attivo. Presto ciò lo condurrà ad una esaltata difesa degli atti criminali come mezzo con cui moltiplicare il proprio piacere, cosa questa che lo renderà noto all'immaginario comune come assoluto limite negativo dell'etica. Le soluzioni dei due autori sono quindi opposte, ma lo sguardo disilluso con cui si osserva il mondo è lo stesso. La tragicità dell'esistenza e l'impossibilità di salvezza operata da deus ex machina metafisici è da entrambi riconosciuta come fulcro in un mondo in cui, tragicamente, l'uomo deve imparare ad emanciparsi e rendersi autosufficiente. Ciò che cambia è solamente la sensibilità della risposta; da un lato abbiamo la brusca animalità che desidera aumentare sé stessa e il proprio piacere, dall'altro la paralisi attuata dalla sconfessione del medesimo e la ricerca di soluzioni alternative e caratterizzate da una sensibilità lirica non comune.

sintesi scritta (file pdf, nuova finestra, sito esterno)

2 commenti:

  1. MI piace questo blog che sto seguendo da un po', anche la sua lettura comparativa non è male, però mi pare che sottovaluti un po' l'aspetto irrealistico e retorico di Sade...

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  2. Naturalmente vi è un aspetto irrealistico e perché no, anche retorico e ironico in Sade. Le scene che propone sono volutamente esagerate e l'intera narrazione è realmente improponibile da un punto di vista pratico. Del resto nemmeno lui stesso volle praticare seriamente tutte le fantasie che gli dettava la sua immaginazione (sarebbe stato davvero satanico in quel caso). In quanto all'aspetto ironico, senza forzare e presentarlo come un critico dell'ordinamento sociale del suo tempo, di tanto in tanto notiamo qualche frecciatina sarcastica...ad esempio la passione del retore della Sorbona nelle 120 giornate. Inoltre quando scherniva nobili o personalità altolocate doveva probabilmente avere in mente la cognata Presidentessa. Comunque nell'articolo questi due aspetti sono stati volutamente tralasciati perchè il prenderli in considerazione avrebbe significato dover fare un confronto anche con l'ironia Leopardiana, tema molto complesso.

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