Nella seduta seminariale di ieri sono emerse tre prospettive di lettura della concezione leopardiana della condizione umana: la ricerca elettiva della solitudine, nell'ottica di una misantropia solo parzialmente paragonabile alla lettura kantiana; l'affermazione di una fraternità affettiva con il genere umano, perdutasi con la morte delle illusioni e da rinnovarsi con una "social catena" che sembra però estranea a ogni preciso modello di cambiamento politico-istituzionale in un senso genericamente "progressivo"; e infine la prospettiva dell'amicizia, come riconquista di una relazione autentica con il prossimo rispettosa a un tempo dell'individualità della condizione moderna e del bisogno emotivo di comunicazione e condivisione. Sembra opportuno proporre ai partecipanti un'esercitazione che ricapitoli queste tematiche.
sabato 20 marzo 2010
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Su quale principio si fonda il rapporto di amicizia per Leopardi?
RispondiElimina"Dopo che l'eroismo è sparito dal mondo, e in vece v'é entrato l'universale egoismo, amicizia vera e capace di far sacrificare l'uno amico all'altro, in persone che ancora abbiano interessi e desideri, è ben difficilissimo.[...]"(Zibaldone, p.104)
Anticamente, quando le "illusioni" fornivano una solida base di principi morali che regolavano la condotta degli individui, l'amicizia era un valore in sé e si fondava sulla virtù. Una serie di disposizioni morali, che strutturavano il carattere della persona in funzione della promozione di una socialità necessaria al mantenimento delle istituzioni civiche, rendeva quasi naturale per l'uomo il formasi di un legame affettivo per altri individui. Si trattava di un'affezione, una forma di amore, che aveva un'origine molto lontana (e ben più nobile) del bisogno di formare un nucleo di alleanze di parentela finalizzato alla conservazione di sé e del proprio "patrimonio biologico". Ma dopo la caduta delle "illusioni" e soprattutto con la diffusione dell'egoismo, contrario alla formazione di sentimenti spontanei di avvicinamento agli altri, è diventato difficile il formarsi di un'amicizia autentica tra le persone. Il sacrificio eroico per l'amico, ad esempio, è rimasto un atto confinato alla memoria dei testi epici. E' necessario allora fondare l'amicizia su altre basi.
Il principio d'uguaglianza, o di affinità tra le persone, non sembra sufficiente per Leopardi.
"L’odio dell’uomo verso l’uomo si manifesta principalmente, ed è confermato da ciò che accade nelle persone di una medesima professione ec.[...] Non solo in una stessa professione, ma anche in una stessa età ec. ec. l’amicizia è minore e l’odio è maggiore.[...]" (Zibaldone, p.1724).
Tra persone "uguali", appartenenti alla stessa professione o fascia d'età, si crea presto una competizione molto dannosa al sentimento d'amicizia.
"E perciò quantunque si sia sempre detto che l'uguaglianza è l'una delle piú certe fautrici dell'amicizia, io trovo oggidí meno verisimile l'amicizia fra due giovani che fra un giovane, e un uomo di sentimento già disingannato del mondo, e disperato della sua propria felicità."(Zibaldone, p.104)
Leopardi sembra allora riscoprire il principio di complementarità per fondare su basi solide il rapporto d'amicizia. La complementarità si manifesta, nel suo caso, nella forma di una persona più anziana che stringe amicizia con una persona più giovane e viceversa. Ciascuno ammira un aspetto
dell'altro che, in qualche modo, compensa le proprie mancanze. L'anziano ammira nel giovane la vitalità, i desideri forti, la capacità di sperare e di credere nel futuro. Il giovane ammira la saggezza, l'esperienza di vita, la calma e la capacità di osservare i problemi con distacco e disillusione dell'anziano. Entrambi formano una perfetta unità di compensazione reciproca.
"Questo [l'anziano] non avendo piú desideri forti è capace assai piú di un giovane d'unirsi ad uno che ancora ne abbia, e concepire vivo ed efficace interesse per lui"(Zibaldone, p.104).
(continua...)
(...segue da post precedente)
RispondiEliminaPrendendo spunto dalle riflessioni di Leopardi, si potrebbe estendere quest'ultimo principio ad altre forme d'amicizia. Ad esempio proponendo una forma che, indipendentemente dall'età dei soggetti coinvolti, ci consente di vedere nell'altro un interlocutore privilegiato che arricchisce, nello scambio di opinioni e di esperienze, la nostra personalità. Restituendoci l'immagine che noi non cogliamo di noi stessi, dandoci la possibilità, nel
confronto, di migliorare gli aspetti più spigolosi del nostro carattere, mostrandoci il mondo da punti di vista diversi, l'amico diventa un prezioso termine di confronto con cui affrontare le difficoltà della vita. Si tratta di un'amicizia che assume la forma di una complementarità basata non sulla
compensazione dei deficit di un soggetto attraverso i punti di forza dell'altro soggetto, ma basata sulla crescita reciproca ottenuta dialetticamente dalla sintesi del confronto e dello scambio di personalità e opinioni eterogenee, e non sempre accomodabili tra loro. In tal modo il principale nemico dell'amicizia, l'egoismo, l'amor proprio, si muterebbe nel principale fattore di convergenza tra gli uomini, per il bene stesso dell'individuo. Un'utopia.
Ma ricordiamo che questa non è la soluzione prospettata da Leopardi per risolvere il problema dell'amicizia. Per lui l'ideale antico di amicizia resta un modello insuperato e dovrebbe orientare in linea teorica sempre la nostra condotta:
"Perciò è vero che la virtú, come predica Cicerone de amicitia, è il fondamento dell’amicizia, né può essere amicizia senza virtú, perché la virtú non è altro che il contrario dell’egoismo, principale ostacolo all’amicizia ec. ec. ec"(p.1724)
(Fine.)
Le osservazioni di Leopardi sulla amicizia nel mondo moderno si collegano alla idea di una morale della "debolezza", anziché della "forza". La relazione "complementare" tra il vecchio (giordani) e il giovane (Leopardi)è anche una relazione "compensatoria": indebilita la passione "verde" della gloria, l'anziano gode di vedere riflesso nel più giovane se stesso, di cui non può provare invidia, la propria illusione di virtù, di grandezza, ecc. Senonché, Leopardi teme più l'indebolimento delle passioni e dell'amor proprio, nei loro esiti egoistici e antieroici, del pericolo dell'eccesso passionale opposto. Si consola, insomma, con la amicizia, ma ribadisce che è l'amore-passione la fonte dei più autentici piaceri e delle più segrete e inconfessabili felicità a cui l'uomo aspira. Insomma: è un enigma ironico queso grand'uomo!
RispondiEliminaMi permetto di citare un aforsima nietzscheano sul tema dell'intrinseca impossibilità dell'amicizia (JGB, 271):"Ciò che più profondamente contribuisce a separare due individui, é la differente interpretazione, il differente grado della loro purezza. Che cosa vale mai l'onestà, che cosa contano la reciproca utilità, la buona volontà d'aiutarsi l'un l'altro: infine si giunge alla stessa conclusione non possono « sentir l'odore l'un dell'altro » ! Il più sublime istinto della purezza colloca quegli che lo possiede nella più strana e pericolosa solitudine come un santo: perché appunto questo é santità - la più alta spiritualizzazione dell'istinto su accennato. La consapevolezza dell'indicibile felicità di un bagno purificante, una qualche brama, una sete ardente che incessantemente spingono l'anima fuori delle tenebre alla luce del sole, dagli abissi della tristezza verso il sereno, verso lo splendore, verso tutto ciò che é profondo, delicato - : nello stesso modo che una tale inclinazione distingue - perché é una inclinazione aristocratica - essa anche disgiunge. La compassione del santo é la pietà di tutto il fango che imbratta tutto ciò che é umano, troppo umano. E vi sono dei gradi e delle altezze in cui persino la compassione di sé medesimi si sente come una cosa impura, immonda."
RispondiEliminaSi noti come manchi ogni riferimento alla concretezza della condizione esistenziale dello stato amicale...