domenica 28 marzo 2010

Perspicuità raziocinante della prosa delle Operette morali

Prendiamo dal preziosissimo volume di spogli e analisi di M. Vitale (La lingua della prosa di G. Leopardi: le "Operette morali", La Nuova Italia, Firenze, 1992) l'enunciazione sintetica di quei "modi stilistici" della scrittura leopardiana che sono conseguenti "alla [...] diversa ispirazione", "filosofica e insieme sentimentale", delle Operette, riportando qui i tratti che l'autore ritiene tipici come "modi propri dell'esercizio del pensiero":

  • la profusione dei nessi correlativi (tanto... quanto, non solo... parimente, così... come che etc.; cfr. pp. 189-93 per la documentazione);
  • la frequente distanziazione degli elementi delle locuzioni congiuntive, con inversione o interpolazione di elementi che sfruttano tutte le risorse retoriche dall'inversione all'iperbato (esempio dal Parini: ingannano talora in modo anche i dotti e gli esperti, che gli ottimi sono posposti; cfr. pp. 193-4 e nota 7 a p. 194 per la documentazione);
  • le frequenti anafore (un esempio dall'Islandese: Per queste considerazioni, deposto ogni altro desiderio, deliberai, non dando molestia a chicchessia, non procurando in modo alcuno di avanzare il mio stato, non contendendo con altri per nessun bene del mondo, vivere una vita oscura e tranquilla cc; per la documentazione, cfr. pp. 194-6);
  • le sequenze binarie di aggettivi, verbi e sostantivi intese a "una più densa ed estesa espressione mentale" (per la documentazione cfr. pp. 196-8);
  • la ricorrenza di formule incidentali e di frasi parentetiche di carattere aggiuntivo in funzione di subordinazione completiva, a sottolineare sviluppi, articolazioni ed estrinsecazioni del pensiero (formule incidentali: un esempio dal Parini: Tu cerchi, o figliuolo, quella gloria che sola, si può dire, di tutte le altre, consente oggi di essere colta da uomini di nascimento privato; frasi parententiche: un esempio dal Tristano: Parlo così degl’individui paragonati agl’individui, come delle masse (per usare questa leggiadrissima parola moderna) paragonate alle masse [...]; per la documentazione, cfr. pp. 198-201);
  • l'uso del poliptoto temporale, con ripetizione dello stesso verbo in due proposizioni coordinate, in tempi verbali diversi (un esempio dal Timandro: Veramente io non dico che gli uomini mi abbiano usato ed usino molto buon trattamento [...]; per la documentazione, cfr. pp. 202-3);
  • l'apposizione frequente di un sostantivo generico con locuzioni come "cosa che [...]", espediente che secondo Vitale "consente di allargare, senza complicazioni sintattiche, l'esposizione del pensiero" (p. 203; per la documentazione cfr. pp. 203-4);
  • l'uso delle forme avverbiali composte nella culta versione scomposta e analitica (né anche, presso che etc.), il che sottolinea il valore razionale di ciascuna particella (per la documentazione cfr. pp. 204-5).
Per quanto raro, il volume del prof. Vitale, come si è detto a lezione, è disponibile in alcuni remainder di Milano.

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